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Dagli asintomatici a chi è stato ricoverato o è stato a contatto con un positivo. Nuove indicazioni del ministero della Salute sul rientro al lavoro dopo aver contratto il virus
“I lavoratori risultati positivi alla ricerca di Sars-CoV-2, e che presentano sintomi di malattia non gravi e senza essere stati ricoverati, possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test)”. Lo prevede la circolare ‘Indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo assenza per malattia Covid-19 correlata’ del ministero della Salute, firmata dal direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza. Per i lavoratori positivi asintomatici, “per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)”. Nei casi quindi di lavoratori positivi sintomatici e asintomatici, “ai fini del reintegro il lavoratore invia, anche in modalità telematica, al datore di lavoro per il tramite del medico competente ove nominato, la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente”, precisa il documento.
Altra situazione è invece quella dei lavoratori che “si sono ammalati e hanno manifestato una polmonite o un’infezione respiratoria acuta grave, e potrebbero presentare una ridotta capacità polmonare a seguito della malattia (anche fino al 20-30% della funzione polmonare), con possibile necessità di sottoporsi a cicli di fisioterapia respiratoria – prosegue la circolare – E situazione ancora più complessa è quella dei soggetti che sono stati ricoverati in terapia intensiva, in quanto possono continuare ad accusare disturbi rilevanti, la cui presenza necessita di particolare attenzione ai fini del reinserimento lavorativo”.
“Pertanto – si spiega – il medico competente, ove nominato, per quei lavoratori che sono stati affetti da Covid-19 per i quali è stato necessario un ricovero ospedaliero, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione secondo le modalità previste dalla normativa vigente, effettua la visita medica prevista (quella precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l’idoneità alla mansione – anche per valutare profili specifici di rischiosità – indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia”.
Per i lavoratori positivi a lungo termine, “oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato – continua la circolare – Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della circolare del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante”.
Infine, il lavoratore che sia un contatto stretto di un caso positivo “informa il proprio medico curante che rilascia certificazione medica di malattia salvo che il lavoratore stesso non possa essere collocato in regime di lavoro agile – conclude la circolare – Per la riammissione in servizio, il lavoratore dopo aver effettuato una quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il caso positivo, si sottopone all’esecuzione del tampone e il referto di negatività del tampone molecolare o antigenico è trasmesso dal dipartimento di Sanità pubblica o dal laboratorio dove il test è stato effettuato al lavoratore che ne informa il datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato”.
Dagli asintomatici a chi è stato ricoverato o è stato a contatto con un positivo. Nuove indicazioni del ministero della Salute sul rientro al lavoro dopo aver contratto il virus
“I lavoratori risultati positivi alla ricerca di Sars-CoV-2, e che presentano sintomi di malattia non gravi e senza essere stati ricoverati, possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test)”. Lo prevede la circolare ‘Indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo assenza per malattia Covid-19 correlata’ del ministero della Salute, firmata dal direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza. Per i lavoratori positivi asintomatici, “per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)”. Nei casi quindi di lavoratori positivi sintomatici e asintomatici, “ai fini del reintegro il lavoratore invia, anche in modalità telematica, al datore di lavoro per il tramite del medico competente ove nominato, la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente”, precisa il documento.
Altra situazione è invece quella dei lavoratori che “si sono ammalati e hanno manifestato una polmonite o un’infezione respiratoria acuta grave, e potrebbero presentare una ridotta capacità polmonare a seguito della malattia (anche fino al 20-30% della funzione polmonare), con possibile necessità di sottoporsi a cicli di fisioterapia respiratoria – prosegue la circolare – E situazione ancora più complessa è quella dei soggetti che sono stati ricoverati in terapia intensiva, in quanto possono continuare ad accusare disturbi rilevanti, la cui presenza necessita di particolare attenzione ai fini del reinserimento lavorativo”.
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