Smart Working e diritti, al Senato il dibattito promosso dalla Cisal
Smart Working e diritti, al Senato il dibattito promosso dalla Cisal
Immagine di copertina di: Smart Working e diritti, al Senato il dibattito promosso dalla Cisal

Focus sulle opportunità, le esigenze, le proposte legate all’applicazione del lavoro agile nel nostro Paese


Nella sala “Caduti di Nassirya” a Palazzo Madama il focus su “Smart Working e diritti”, promosso dalla Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori. Alla presenza dei Senatori Marco Perosino, Emilio Floris, Toni Iwobi, Pietro Pisani, Simona Nocerino, Elio Lannutti e Fabio Porta, è stato il Segretario Generale della Cisal, Francesco Cavallaro, ad aprire i lavori. Dopo aver salutato e ringraziato i presenti, Cavallaro si è rivolto alla platea evidenziando che «nel biennio pandemico si è avuta conferma dei vantaggi, in termini di sostenibilità sociale, insiti nell’istituto del Lavoro Agile/Smart Working, che ha saputo dare risposta anche alle esigenze delle categorie più fragili, un aspetto che appare quasi banale ma che rimane, invece, uno dei punti di forza di questo strumento. Questo – ha rimarcato Cavallaro – è un dato di fatto ovviamente molto importante, senza il quale, probabilmente, l’interesse verso questa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa sarebbe già scemato. Il successo del lavoro agile è stato reso possibile dall’azione esercitata a tutti i livelli dalla contrattazione collettiva, anche grazie all’indirizzo regolatorio di carattere generale che Governo e parti sociali hanno saputo impostare, di fatto surrogando ad alcune carenze normative. Tale attività si è concretata, seppur con delle differenze di fondo tra lavoro privato e pubblico, attraverso il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” sottoscritto il 7 dicembre 2021 dal Ministro del Lavoro Orlando con tutte le parti sociali, per quanto concerne il lavoro privato e dalle “Linee guida” emanate dal Ministro Brunetta alla fine del 2021 (30 novembre – 16 dicembre parere Conferenza Unificata), come testo ponte per traghettare la regolamentazione della materia, in attesa del completo recepimento della stessa da parte dei contratti, per quanto riguarda il pubblico impiego. Da un confronto tra i due documenti – ha spiegato – bisogna dire che nella PA, riguardo ad una potenziale piena applicazione del lavoro agile, si riscontrano alcune limitazioni aggiuntive rispetto al lavoro privato e questo soprattutto a causa di un Decreto Ministeriale, emanato dal Ministro Brunetta in data 8 ottobre 2021, il quale stabilisce alcuni paletti che restano invalicabili per la contrattazione sindacale. Ciò premesso è opportuno, guardando al futuro, interrogarsi, in senso generale, su come la normativa dovrebbe intervenire in materia, specialmente in merito al rapporto tra legge e contrattazione. Il rischio infatti è che il legislatore vada ad invadere il naturale campo di intervento della contrattazione, ponendosi l’obiettivo di disciplinare materie e istituti tipici del rapporto di lavoro che, in generale, sarebbe invece meglio lasciare alla competenza della negoziazione; quest’ultima come si è avuto modo di dimostrare anche in fase emergenziale, ha caratteristiche di flessibilità e adattabilità, che le conferiscono una maggiore capacità di rispondere alle esigenze concrete delle varie realtà produttive. In qualche modo quello che la Cisal auspica è che ogni eventuale normativa preveda di lasciare alla competenza della contrattazione gli aspetti fondamentali della disciplina, che sono poi quelli su cui si è concentrato, nel lavoro privato, il protocollo del 7 dicembre 2021 e che valgono per l’individuazione delle materie, sostanzialmente, anche per il pubblico impiego. E’ evidente – ha concluso Cavallaro – che si deve evitare che il lavoro agile possa favorire una pericolosa mutazione di fatto della natura dell’obbligo del lavoratore/lavoratrice, comprimendo oltremodo le caratteristiche tipiche dell’obbligo di prestazione e aumentando quelle dell’obbligo di risultato. Su questo aspetto diventa prioritario avere una disciplina dell’orario di lavoro che rimanga nel solco profondo dei caratteri propri del rapporto di lavoro subordinato, con rispetto dell’orario complessivo settimanale di lavoro, garanzia del diritto alla disconnessione, rigida disciplina delle fasce di contattabilità. Ma a tutto questo può ben fare fronte la contrattazione».

E sulle questioni tecniche legate ad una eventuale modifica legislativa è intervenuto Massimo Blasi, Segretario confederale Cisal e rappresentante della Confederazione nelle attività dell’Osservatorio sul Lavoro agile presso il Ministero del lavoro. «Forse il maggior problema di regolamentazione – ha spiegato – nasce dalla previsione secondo cui il Lavoro Agile/Smart Working, anche in base alla legge 81/2017, si fonda sulla possibilità di svolgere la prestazione con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario salvo i limiti derivanti dalla durata massima della giornata e settimana lavorativa dobbiamo aggiungere. E’ emerso, in tale contesto, quale corollario il rischio di una dilatazione indefinita dei tempi dell’orario di lavoro, problema a cui la contrattazione ha subito cercato di rispondere, affermando in modo netto e definito il diritto alla disconnessione, con l’individuazione di specifiche fasce orarie. In questa ipotesi, si tratterebbe di approntare una legislazione di taglio completamente diverso da quella impostata con la legge n. 81 del 2017, da calibrare come strumento di programmazione dello sviluppo dei territori, delle reti di connessione, che dovrebbe vedere come protagonista soprattutto il sistema delle Autonomie, laddove interessato a favorire l’insediamento o la redistribuzione di popolazione nei propri territori grazie alla possibilità di svolgere Lavoro Agile/Smart Working. Una simile politica, di sostegno alle aziende e ai territori disposti ad investire sul Lavoro Agile, fondata sul presupposto di concepirlo anche e soprattutto come elemento strutturale delle organizzazioni aziendali e non solo come istituto legato sostanzialmente alla conciliazione dei tempi di vita lavoro, potrebbe o dovrebbe vedere come protagonista anche la legislazione regionali. Per le Regioni probabilmente – ha evidenziato Blasi – si tratta di cogliere un’occasione. E’ uno scenario dal quale potrebbe trarre soluzione anche lo storico squilibrio nello sviluppo economico che caratterizza la diseguaglianza socio economica tra le varie aree il nostro paese dal momento che su questo tema si innesta, inevitabilmente, anche l’occasione di poter riprogrammare lo sviluppo dei territori, tentando di porre equilibrio che oggi esistono tra centri e hinterland, tra grande città e provincia». 

Prezioso e stimolante contributo al dibattito suscitato dagli altri due relatori, i docenti universitari Giovanna Montella (“La Sapienza”) e Gianpaolo Sbaraglia (Luiss “Guido Carli”) i quali, dopo aver rimarcato i pensieri precedentemente espressi legati all’importanza di una legge disciplinata dalla contrattazione, hanno posto l’accento sulle questioni giuridiche, sulle criticità e sul corredo dei diritti legati al Lavoro Agile/Smart Working, in maniera particolare sul diritto alla disconnessione, in una più ampia visione di riconciliazione della vita privata con la vita lavorativa. Per Giovanna Montella «occorre ragionare su un elemento fondamentale come il tempo, attorno a cui costruire la nuova materia del lavoro agile» mentre per Gianpaolo Sbaraglia «bisogna porre all’attenzione dell’attività legislativa la diffusione di incentivi che incoraggiano un utilizzo del Lavoro Agile/Smart Working come un modello nuovo di pensare l’organizzazione del lavoro e anche la modalità di esecuzione dello stesso favorendo la produttività, il tutto accompagnato da regole chiare».

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Focus sulle opportunità, le esigenze, le proposte legate all’applicazione del lavoro agile nel nostro Paese


Nella sala “Caduti di Nassirya” a Palazzo Madama il focus su “Smart Working e diritti”, promosso dalla Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori. Alla presenza dei Senatori Marco Perosino, Emilio Floris, Toni Iwobi, Pietro Pisani, Simona Nocerino, Elio Lannutti e Fabio Porta, è stato il Segretario Generale della Cisal, Francesco Cavallaro, ad aprire i lavori. Dopo aver salutato e ringraziato i presenti, Cavallaro si è rivolto alla platea evidenziando che «nel biennio pandemico si è avuta conferma dei vantaggi, in termini di sostenibilità sociale, insiti nell’istituto del Lavoro Agile/Smart Working, che ha saputo dare risposta anche alle esigenze delle categorie più fragili, un aspetto che appare quasi banale ma che rimane, invece, uno dei punti di forza di questo strumento. Questo – ha rimarcato Cavallaro – è un dato di fatto ovviamente molto importante, senza il quale, probabilmente, l’interesse verso questa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa sarebbe già scemato. Il successo del lavoro agile è stato reso possibile dall’azione esercitata a tutti i livelli dalla contrattazione collettiva, anche grazie all’indirizzo regolatorio di carattere generale che Governo e parti sociali hanno saputo impostare, di fatto surrogando ad alcune carenze normative. Tale attività si è concretata, seppur con delle differenze di fondo tra lavoro privato e pubblico, attraverso il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” sottoscritto il 7 dicembre 2021 dal Ministro del Lavoro Orlando con tutte le parti sociali, per quanto concerne il lavoro privato e dalle “Linee guida” emanate dal Ministro Brunetta alla fine del 2021 (30 novembre – 16 dicembre parere Conferenza Unificata), come testo ponte per traghettare la regolamentazione della materia, in attesa del completo recepimento della stessa da parte dei contratti, per quanto riguarda il pubblico impiego. Da un confronto tra i due documenti – ha spiegato – bisogna dire che nella PA, riguardo ad una potenziale piena applicazione del lavoro agile, si riscontrano alcune limitazioni aggiuntive rispetto al lavoro privato e questo soprattutto a causa di un Decreto Ministeriale, emanato dal Ministro Brunetta in data 8 ottobre 2021, il quale stabilisce alcuni paletti che restano invalicabili per la contrattazione sindacale. Ciò premesso è opportuno, guardando al futuro, interrogarsi, in senso generale, su come la normativa dovrebbe intervenire in materia, specialmente in merito al rapporto tra legge e contrattazione. Il rischio infatti è che il legislatore vada ad invadere il naturale campo di intervento della contrattazione, ponendosi l’obiettivo di disciplinare materie e istituti tipici del rapporto di lavoro che, in generale, sarebbe invece meglio lasciare alla competenza della negoziazione; quest’ultima come si è avuto modo di dimostrare anche in fase emergenziale, ha caratteristiche di flessibilità e adattabilità, che le conferiscono una maggiore capacità di rispondere alle esigenze concrete delle varie realtà produttive. In qualche modo quello che la Cisal auspica è che ogni eventuale normativa preveda di lasciare alla competenza della contrattazione gli aspetti fondamentali della disciplina, che sono poi quelli su cui si è concentrato, nel lavoro privato, il protocollo del 7 dicembre 2021 e che valgono per l’individuazione delle materie, sostanzialmente, anche per il pubblico impiego. E’ evidente – ha concluso Cavallaro – che si deve evitare che il lavoro agile possa favorire una pericolosa mutazione di fatto della natura dell’obbligo del lavoratore/lavoratrice, comprimendo oltremodo le caratteristiche tipiche dell’obbligo di prestazione e aumentando quelle dell’obbligo di risultato. Su questo aspetto diventa prioritario avere una disciplina dell’orario di lavoro che rimanga nel solco profondo dei caratteri propri del rapporto di lavoro subordinato, con rispetto dell’orario complessivo settimanale di lavoro, garanzia del diritto alla disconnessione, rigida disciplina delle fasce di contattabilità. Ma a tutto questo può ben fare fronte la contrattazione».

E sulle questioni tecniche legate ad una eventuale modifica legislativa è intervenuto Massimo Blasi, Segretario confederale Cisal e rappresentante della Confederazione nelle attività dell’Osservatorio sul Lavoro agile presso il Ministero del lavoro. «Forse il maggior problema di regolamentazione – ha spiegato – nasce dalla previsione secondo cui il Lavoro Agile/Smart Working, anche in base alla legge 81/2017, si fonda sulla possibilità di svolgere la prestazione con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario salvo i limiti derivanti dalla durata massima della giornata e settimana lavorativa dobbiamo aggiungere. E’ emerso, in tale contesto, quale corollario il rischio di una dilatazione indefinita dei tempi dell’orario di lavoro, problema a cui la contrattazione ha subito cercato di rispondere, affermando in modo netto e definito il diritto alla disconnessione, con l’individuazione di specifiche fasce orarie. In questa ipotesi, si tratterebbe di approntare una legislazione di taglio completamente diverso da quella impostata con la legge n. 81 del 2017, da calibrare come strumento di programmazione dello sviluppo dei territori, delle reti di connessione, che dovrebbe vedere come protagonista soprattutto il sistema delle Autonomie, laddove interessato a favorire l’insediamento o la redistribuzione di popolazione nei propri territori grazie alla possibilità di svolgere Lavoro Agile/Smart Working. Una simile politica, di sostegno alle aziende e ai territori disposti ad investire sul Lavoro Agile, fondata sul presupposto di concepirlo anche e soprattutto come elemento strutturale delle organizzazioni aziendali e non solo come istituto legato sostanzialmente alla conciliazione dei tempi di vita lavoro, potrebbe o dovrebbe vedere come protagonista anche la legislazione regionali. Per le Regioni probabilmente – ha evidenziato Blasi – si tratta di cogliere un’occasione. E’ uno scenario dal quale potrebbe trarre soluzione anche lo storico squilibrio nello sviluppo economico che caratterizza la diseguaglianza socio economica tra le varie aree il nostro paese dal momento che su questo tema si innesta, inevitabilmente, anche l’occasione di poter riprogrammare lo sviluppo dei territori, tentando di porre equilibrio che oggi esistono tra centri e hinterland, tra grande città e provincia». 

Prezioso e stimolante contributo al dibattito suscitato dagli altri due relatori, i docenti universitari Giovanna Montella (“La Sapienza”) e Gianpaolo Sbaraglia (Luiss “Guido Carli”) i quali, dopo aver rimarcato i pensieri precedentemente espressi legati all’importanza di una legge disciplinata dalla contrattazione, hanno posto l’accento sulle questioni giuridiche, sulle criticità e sul corredo dei diritti legati al Lavoro Agile/Smart Working, in maniera particolare sul diritto alla disconnessione, in una più ampia visione di riconciliazione della vita privata con la vita lavorativa. Per Giovanna Montella «occorre ragionare su un elemento fondamentale come il tempo, attorno a cui costruire la nuova materia del lavoro agile» mentre per Gianpaolo Sbaraglia «bisogna porre all’attenzione dell’attività legislativa la diffusione di incentivi che incoraggiano un utilizzo del Lavoro Agile/Smart Working come un modello nuovo di pensare l’organizzazione del lavoro e anche la modalità di esecuzione dello stesso favorendo la produttività, il tutto accompagnato da regole chiare».